Categories: Archivio, Pol. Agricole

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«Le PMI agricole hanno fame di ricerca ed innovazione». Lo ha sottolineato il presidente  della Federazione Nazionale dell’Impresa familiare di Confagricoltura (FNIFC) Roberto Poggioni, aprendo i lavori  dell’incontro svolto a Roma, a Palazzo della Valle. L’appuntamento era finalizzato alla presentazione dello studio sui fabbisogni di ricerca ed innovazione nell’impresa familiare, realizzato da PRIA con il supporto del Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Si tratta di un’indagine effettuata attraverso interviste strutturate a 130 titolari di aziende.
 
«FNIFC ha sempre indicato un percorso innovativo che permetta alle aziende di crescere e rafforzarsi – ha proseguito Poggioni -. Ad esempio, da subito, ha lavorato attivamente per far conoscere il modello delle reti per aggregare le PMI agricole con la dovuta flessibilità». «Non è un caso – ha aggiunto – che tre imprese su quattro ritengano che attraverso le reti si raggiungano vantaggi economici, valorizzazione/aumento del valore aggiunto, migliore commercializzazione e marketing del prodotto, maggiore competitività, innovazione, snellimento e diversificazione dei processi produttivi».
 
«PRIA, l’acronimo di “Progetti di Ricerca e Innovazione in Agricoltura” – ha detto il suo presidente Sergio Ricotta – si è posta l’obiettivo di supportare Confagricoltura nel far emergere i fabbisogni innovativi delle imprese agricole. Stiamo cercando di creare un percorso virtuoso per creare uno scambio continuo e circolare tra i fabbisogni delle imprese, la ricerca ed il trasferimento dell’innovazione. A tal fine, la nostra società fornisce i propri servizi di consulenza al sistema agricolo, agroalimentare e agroindustriale nel campo della ricerca, dello sviluppo, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico».
 
A presentare i risultati dello studio sono stati l’amministratore delegato di PRIA Ruggero Targhetta ed i docenti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia Carolina Gavagnin e Matilde Cassin.
 
Dall’indagine – hanno posto in evidenza gli studiosi –  è emerso che più dell’ 80% delle imprese è interessato a svolgere attività di ricerca e innovazione; in particolare, l’interesse cresce sensibilmente con l’innalzarsi del titolo di studio dell’imprenditore. La ricerca ha approfondito anche il tema dell’informatizzazione aziendale, propedeutica, per certi versi, alla realizzazione di attività di ricerca e innovazione in azienda. Risulta che la maggioranza delle imprese (80%) utilizza sistemi informatici nella gestione aziendale; di coloro che non ne fanno uso, il 61% intende comunque dotarsene in futuro. I sistemi informatici presenti in azienda vengono utilizzati principalmente a supporto della gestione aziendale (84%) e di attività di contabilità e amministrazione (70%). L’88% del campione totale dichiara, inoltre, di utilizzare normalmente la rete Internet per le proprie attività. Bassa, invece, la percentuale di aziende che possiedono un proprio sito web (solo il 42%) o che fanno e-commerce (34%), con notevoli differenze a seconda dell’indirizzo produttivo dell’azienda intervistata (le imprese di viticoltura e colture protette, ad esempio, registrano percentuali decisamente più alte della media, sia per quanto concerne la presenza di un sito, sia per l’utilizzo dell’e-commerce).
 
L’indagine ha anche analizzato  i servizi che Confagricoltura potrebbe fornire a supporto di attività di innovazione.
 
È seguita quindi la tavola rotonda, moderata dalla conduttrice di Sky Tg24 Federica de Sanctis, a cui sono intervenuti rappresentanti dei ministeri dello Sviluppo Economico e delle Politiche agricole e degli enti di ricerca pubblica (CREA, CNR, ENEA).
 
«La spinta alle imprese a svolgere attività di ricerca e innovazione è motivata principalmente  – ha osservato Poggioni – dalla volontà di rispondere, in modo efficace, alle esigenze dei consumatori e al comportamento dei fornitori  e, quindi, di mantenere l’impresa concorrenziale sul mercato. Infatti i principali benefici attesi dalle aziende, derivanti da tali attività, sono  riconducibili all’ incremento quali-quantitativo della produzione,del valore aggiunto del prodotto e alla riduzione dei costi di produzione».
 
«I dati dello studio di FNFIC e PRIA – ha commentato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi – confermano la necessità, da un lato di superare il digital divide, che acuisce ancor più le divisioni tra nord e sud del Paese, tra metropoli e campagna, dall’altro di collegare sempre più il mondo della produzione alla ricerca scientifica. Imprenditori e ricercatori devono cooperare, gli uni indicando i loro fabbisogni, gli altri recependo e indirizzando la sperimentazione, finalizzandola all’ottenimento di risultati che possano essere immediatamente trasferiti sul campo».
 
«Le Organizzazioni professionali devono cambiare il loro modo di fare rappresentanza. Confagricoltura – ha concluso il suo presidente – intende acquisire il ruolo di “innovation broker”, la nuova figura che si affaccia nel settore agricolo come intermediario della diffusione di innovazione. La mia Organizzazione si identifica con l’impresa ed i suoi fabbisogni; è una realtà diffusa capillarmente sul territorio ed in grado di garantire la “lettura” completa di ciò che serve, per l’innovazione e per la sua diffusione a largo raggio»