Categories: Archivio, Pol. Agricole

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Con l’accordo politico di giugno è stato dato un assetto pressoché definitivo alla riforma della PAC

‘verso il 2020’ ed anche al sistema dei nuovi pagamenti diretti. Il nuovo sistema prevede varie forme di pagamento che si sommano tra loro sulla medesima superficie. Tra questi, si aggiunge sempre al pagamento di base disaccoppiato un pagamento di inverdimento (“Greening”).

Esso spetta per tutte le superfici aziendali a fronte di tre tipologie di impegno che prevedono in via

generale:

 · una diversificazione dei seminativi (due, nelle aziende con seminativi compresi tra 10 e 30 ha e tre nelle aziende con superfici a seminativo superiore a 30 ha);

· un divieto di conversione delle foraggere permanenti in seminativo;

· l’obbligo, per le aziende con superficie superiore a 15 ettari, di destinare a “focus

ecologico” il 5% della superficie aziendale (escluse foraggere permanenti ed arboree).

Dei 3,84 miliardi di euro totali stanziati a regime, per i pagamenti diretti dell’Italia al greening

saranno destinati circa 1,1 mrd di euro per anno.

Ma quante aziende saranno davvero assoggettate a questi nuovi impegni di “inverdimento”? In base alle prime stime, l’impatto reale sulle aziende è molto, ridotto a causa delle varie esenzioni previste dalla normativa.

Ad esempio, il premio spetta senza alcun impegno alle aziende che sono al di sotto di determinate

estensioni. Poi le aziende biologiche sono ammesse “ipso facto” al greening. Esistono poi altre forme di esenzione nel caso di colture arboree, di colture in sommersione per una parte prevalente del ciclo produttivo etc.

Dalla tabella 1 è possibile constatare su quali aziende e su quali superfici graverà l’impegno di

diversificazione dei seminativi. In totale si tratta di poco più di 60 mila aziende (meno del 4% del totale) e di meno del 20% della SAU aziendale nazionale. Saranno assoggettati a diversificazione meno del 30% dei seminativi italiani.

Più significativo l’impegno di mantenimento delle foraggere permanenti che (v. tabella 2) graverebbe sul 15% circa delle aziende, coprendo la quasi totalità delle superfici a prati e pascoli permanenti (il 99,7%) e poco più di un terzo della SAU.

Venendo infine al requisito di creazione di aree a focus ecologico, anche in questo caso si conferma che l’impegno in realtà grava su pochissime aziende e per una quota di Sau molto contenuta.

Infatti (v. tabella 3) si tratterebbe di poco più del 5% delle aziende totali e circa il 30% della SAU.

La tabella di sintesi (tabella 4) dimostra come uno degli strumenti più innovativi della riforma ‘verso il 2020’ in realtà beneficerà tutte le imprese agricole (il premio viene comunque erogato a tutti i soggetti), ma con impegni concentrati su una ristretta minoranza di imprese, probabilmente le più strutturate e competitive.