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L’orgoglio sardo di essere un imprenditore agricolo, l’incrollabile fiducia nelle potenzialità delle nuove generazioni di riassegnare centralità al lavoro nelle campagne, un pizzico di entusiasmo condito con una buona dose di specializzazione.

Questo il mix di ingredienti che compone la filosofia di Ugo Bagedda, presidente regionale dell’A.N.G.A. (Associazione Nazionale Giovani Agricoltori) e da ieri nominato vice presidente nazionale, nella sua visione lungimirante di riscatto di un settore oggi in profonda crisi strutturale – congiunturale concepisce la connessione tra l’agricoltura e il turismo sostenibile come la vera combinazione vincente capace di generare reddito e nuova occupazione.

“L’obiettivo dell’A.N.G.A che oggi conta 50 associati tra le sezioni provinciali di Sassari, di Cagliari e di Oristano, è stimolare le nuove leve ad inserirsi nel mondo agricolo, accedere ai finanziamenti ministeriali per poi creare un’impresa, produrre e commercializzare oltre che nell’isola anche nei mercati nazionali ed esteri. Gli incontri con i nostri associati – racconta l’imprenditore sassarese che a soli 33 anni è titolare con la famiglia di un’azienda ad indirizzo colturale misto olivicola, vitivinicola e agrituristica in Gallura, laurea in Scienze Enologiche – rappresentano un utile momento di interscambio e confronto, un’occasione anche per fare lobby sulle tutele da inserire nelle politiche giovanili.

Chi si proietta nell’agricoltura deve essere determinato dalla passione e spendere le competenze maturate in un percorso formativo.

Oggi manca la cultura dell’impresa – rileva Bagedda- ma per uscire dall’angolino in cui ci siamo relegati occorrono oltre l’ambizione e la consapevolezza delle proprie capacità, la preparazione manageriale. Da queste caratteristiche non si può infatti prescindere in tutto il percorso di filiera soprattutto adesso che il comparto versa in grave difficoltà e l’accesso al credito e alla terra è sempre più complicato.

Dobbiamo infondere fiducia nei giovani che già lavorano in agricoltura o che si stanno avvicinando al mondo delle campagne. Proprio le nuove generazioni possono stimolare gli agricoltori senior a non mollare nonostante le criticità contingenti.

Nell’isola l’80-90% delle aziende agricole sono a carattere familiare. La storia, le radici e la cultura locale come i nostri terreni sono intrisi di intrecci parentali che rappresentano il vero valore aggiunto delle nostre produzioni sarde che dobbiamo imparare a valorizzare.

Nei media si fa un gran parlare dei beni primari ma quando si predispongono le manovre l’agricoltura risulta la “cenerentola” dei comparti economici. Siamo stanchi e insoddisfatti della gestione della Regione sui finanziamenti comunitari per lo sviluppo rurale.

Si assiste – prosegue Bagedda – sempre più di frequente ai ritardi nei pagamenti (che in certi casi sfiorano anche i due o i tre anni) e ad un atteggiamento di lassismo nel chiudere le pratiche.

Quello che reputo davvero insostenibile è l’irresponsabilità della classe politica. E’ inutile il rimpallo di competenze tra gli assessorati, tra l’Argea e l’Agea occupati a risolvere i problemi generati dai sistemi che non dialogano.

Intanto passano mesi ed anni e qui si vive nel far west. Se qualcuno sbaglia sulla pelle degli imprenditori agricoli è giusto che ne paghi le conseguenze. Se facciamo un raffronto con le altre regioni, nonostante il problema dei ritardi sia generalizzato in tutta Italia, è evidente che una buona parte di queste nel PSR 2007- 2013 ha già previsto un secondo bando per la legge 112 (inserimento dei giovani in agricoltura, nuovo insediamento). In Sardegna invece, non si è ancora chiuso il secondo step legato al primo bando perchè la pratica non è stata ancora liquidata.

E poi bisogna considerare che una volta emesso il decreto, siamo obbligati a stipulare subito una fideiussione ma dobbiamo attendere 6 o 7 mesi prima di poter ottenere le risorse.

Ai giovani che stanno affrontando il mondo del lavoro – prosegue l’imprenditore – spaventa il dilatarsi dei tempi. Non si può stare appresso ad un bando per due anni”.

Tra le emergenze che il settore sta affrontando, il blocco delle esportazioni imposto da Bruxelles alle 468 aziende suinicole regolarmente certificate indenni dalla peste suina che presentano elevati standard di bio sicurezza. Il presidente Bagedda oltre a sottolineare che il blocco andrebbe circoscritto esclusivamente alle zone in cui si sviluppano i focolai senza farne pagare le conseguenze a tutto il sistema suinicolo sardo, solleva qualche perplessità di strumentalizzazione.

“Un animale normalmente pagato 300 euro, se affetto da peste suina – fa notare il vicepresidente dell’A.N.G.A nazioanle – per essere smaltito comporterà un costo pari a 500 euro. Qualcosa non quadra. Ci potrebbe dunque essere sottesa una speculazione. Il settore suinicolo dovrebbe crearsi un circuito interno e chiudere la filiera  per arrivare ad una Dop o ad un Igp per i salumi. La razza suinicola sarda è una delle più pregiate”.

 Bagedda sottolinea che per dare nuova linfa al settore si dovrebbe interagire con il turismo. “In agricoltura ci scontriamo con un problema sociologico. L’isolamento – spiega il presidente – non facilita gli scambi culturali e commerciali. Sono a favore di tutto ciò che crea indotto e fa girare l’economia e sono convinto che non possiamo vivere solo dei proventi del turismo balneare, ora che la stagione  si sta sempre più riducendo. Disponiamo di un territorio poco popolato a fronte di un’elevata superficie. Sarebbe opportuno potenziare il turismo delle zone interne senza creare alcuna antitesi con quello delle coste nel pieno rispetto della sostenibilità e dell’ambiente. Occorrono strategie politiche, un incremento delle infrastrutture connesse ad una rete di turismo rurale. Questo garantirebbe un freno allo spopolamento e darebbe slancio all’occupazione con un fiorire di nuove attività e servizi collaterali. Continuo a confidare nell’ottimismo – conclude Ugo Bagedda – la mano invisibile che ti permette di afferrare il tuo obiettivo.”