Categories: Archivio, Pol. Agricole

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L’imprenditore agricolo  si perde nel labirinto della burocrazia; la mancata semplificazione è la prima causa della non competitività delle imprese italiane, viene ancora prima della carenza di infrastrutture”.  Questo è quanto ha  evidenziato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi chiudendo i lavori dell’Academy della sua Organizzazione, tutta focalizzata sul ‘problema dei problemi’, come l’ha definito.
 
Secondo i dati presentati da Confagricoltura all’Academy, due giornate alla settimana, ovvero cento giornate all’anno, sono dedicate dagli imprenditori agricoli alla gigantesca macchina burocratica.
 
“Mancata semplificazione normativa, lungaggini burocratiche, bassa qualità dei servizi pubblici e onerosità degli adempimenti, controlli asfissianti e non coordinati, costringono l’imprenditore a dedicare cento giorni all’anno per far fronte ad una mole di carte, timbri, procedure, sottraendo così tempo e denaro ai compiti prioritari di un’impresa – ha osservato ancora il presidente di Confagricoltura -. I nostri imprenditori dovrebbero impegnare tutte le loro energie, ancor più nei periodi di crisi, a fare business e ad esportare a prezzi concorrenziali, a mantenere occupazione e non a combattere con i burocrati”.
 
La burocrazia ‘pesa’, nel senso letterale del termine. Ad esempio i Piani di sviluppo rurale italiani (PSR) – che sono il simbolo della complicazione burocratica – sono composti in media da 600 pagine più una serie di allegati di varia natura che oscillano tra le 800 e le 1600 pagine, che bisogna necessariamente conoscere se si vuole beneficiare delle misure. Per un peso complessivo tra 4 e 8,5 Kg di carta,  senza quantificare tutti i documenti attuativi, i bandi per la presentazione delle domande, i documenti modificativi e integrativi.

Anche in Sardegna il PSR 2007-2013 è composto di 580 pag (quasi 3 kg di carta). Stiamo parlando di un documento, peraltro, modificato più volte nel corso del periodo di programmazione.   Senza contare tutti i documenti attuativi, i bandi per la presentazione delle domande (in media 25 pagine) e  vari documenti modificativi e integrativi  dei bandi stessi.  Pertanto il tempo necessario per presentare una domanda richiede  mediamente 3 mesi .

Guidi ha ricordato i ‘pilastri’ dell’azione per rilanciare il settore agricolo: il potenziamento dell’export; l’accesso al credito, l’incremento della ricerca e dell’innovazione; il coordinamento delle politiche europee, nazionali e regionali mettendo al centro l’attività imprenditoriale. “Ma prima di tutto serve – ha aggiunto il presidente Guidi – uno Stato che sia il primo collaboratore e non l’affossatore dell’attività imprenditoriale. È dannoso e controproducente uno Stato che mostra solo il lato duro e vessatorio (incremento degli oneri fiscali e previdenziali, controlli oppressivi, procedure complicate, dispendiose) e non quello collaborativo, che faciliti e non pregiudichi. Che semplifichi e si fidi delle imprese, non dimenticando che sono esse che danno occupazione, crescita e ripresa”.
 
Il presidente Guidi ha quindi evidenziato le proposte della sua Organizzazione: taglio delle funzioni per tagliare le spese della burocrazia (da sempre, ad esempio, Confagricoltura si è espressa per l’abolizione delle Provincie); sportelli unici Inps, Inail, Asl, Agea, Ispettorati Agrari, Uma, Guardia Forestale (che vuol dire anche controlli accorpati); semplificazione procedurale e superamento delle lungaggini che si traducono in un danno (si pensi ai contributi della Pac ai produttori, che vanno erogati celermente, e poi alle pratiche per i progetti dei Piani di sviluppo rurale).
 
“Alcuni nostri imprenditori hanno raccontato oggi le loro vicende, i loro drammi, il loro vivere nel labirinto senza trovare la via d’uscita; questo Stato ha il bandolo della matassa, il famoso filo di Arianna, ma fa di tutto per nasconderlo – ha concluso Mario Guidi – . È devastante  e, se mi permettete, anche vergognoso sentire che un’azienda sia costretta ad alzare la bandiera bianca della resa, a chiudere e licenziare perché ha sbagliato a pagare al fisco un euro a dipendente e l’Amministrazione non ha trovato il modo per regolarizzare la sua posizione. Ma è questa l’amministrazione pubblica di cui abbiamo bisogno? Di cui hanno necessità le imprese?”.