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«SERVONO MISURE PER LA COMPETITIVITÀ. L’EUROPA NON È UN’OPZIONE, MA QUESTA PAC VA CAMBIATA»
«Siamo di fronte ad un bivio: le nostre imprese devono scegliere tra la strada del protezionismo e del declino, oppure essere globali con un’agricoltura vincente, che sa valorizzare il proprio territorio e che vuole raccogliere le nuove sfide del futuro. Confagricoltura – che ha nel proprio Dna le parole “innovazione” e “progresso” – non può sottrarsi alla responsabilità di indicare un modello di sviluppo che punti al “mondo”, attraverso un’agricoltura che sappia essere al passo con i tempi, sempre forte nei suoi valori ma posta in condizione di vincere tutte le prossime sfide che troverà davanti». Lo ha sottolineato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, nella sua relazione che ha aperto i lavori dell’Assemblea generale di Confagricoltura che si è tenuta a Roma presso la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica e che si è intitolata “Coltiviamo l’Italia” con hashtag #noisiamoconfagricoltura.
«Con il titolo scelto, “Coltiviamo l’Italia” – ha aggiunto – abbiamo voluto ricordare che il territorio è il perno delle politiche agricole comunitarie e nazionali. Ma una cosa è il territorio, un’altra il localismo. Solo un’agricoltura attiva, competitiva, che guarda lontano e che produce reddito, a cui si offrono più opportunità che vincoli, sarà in grado di assicurare un idoneo presidio del territorio e dell’ambiente».
È stata la prima assemblea del presidente Massimiliano Giansanti, a cento giorni dall’insediamento della nuova giunta esecutiva di Confagricoltura, e la sua relazione ha tracciato le direttrici dell’Organizzazione alla presenza del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani; dei ministri dell’Agricoltura Maurizio Martina, dell’Ambiente Gian Luca Galletti e della Salute Beatrice Lorenzini; del sottosegretario dell’Economia Paola De Micheli.
Giansanti è partito dalle cinque “parole d’ordine” indicate al momento della sua nomina: agribusiness, competitività, lavoro, salute e territorio. Ora divengono un programma operativo. «Se si pensa a quanto contino per l’uomo il cibo, il nutrimento, la salute, si comprende – ha osservato – quanto sia fondamentale l’agribusiness, valorizzando un territorio unico nel suo genere in Europa. Il tema però non è quali traguardi hanno raggiunto le imprese agricole, ma quanto saranno in grado di andare oltre».
«La realizzazione di un progetto è sempre un viaggio di scoperta», ha detto il presidente di Confagricoltura, che poi ha citato Marcel Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
E qui entra in gioco la politica a cui si rivolge Massimiliano Giansanti, invitando a guardare con occhi nuovi il settore primario: «Le aziende sono frenate da limiti strutturali inaccettabili – ha commentato – Mi riferisco all’eccesso di burocrazia, al deficit del sistema infrastrutturale, all’insostenibilità del costo del lavoro che grava sulle imprese. Tutto ciò non esclude che anche le aziende debbano fare la loro parte, anzi. Vogliamo che crescano con strumenti che possano portare ad un aumento della loro competitività».
Ed a proposito di competitività Giansanti ha chiesto un “fisco per lo sviluppo”, «che accompagni le imprese verso la crescita, con misure che includano il mondo agricolo negli incentivi agli investimenti. «Le imprese agricole che determinano il reddito su base catastale vanno equiparate a quelle a bilancio, per usufruire degli “sconti fiscali” legati agli incentivi relativi al super ed iper ammortamento nell’ambito del progetto “industria 4.0”, che include, tra l’altro, l’agricoltura di precisione e più in generale l’agrifood».
Ha quindi sollecitato «un erario “intelligente”, che premi le aggregazioni tra imprese, reti e filiere; che favorisca la presenza sulle piattaforme del commercio online dei prodotti. Riteniamo che politiche fiscali di maggior favore possano incrementare le vendite, generando evidenti vantaggi alla finanza pubblica».
Nella sua relazione il presidente di Confagricoltura ha pure affrontato i temi europei, la Brexit, la riforma della Pac. «La nostra scelta europeista ha radici lontane. L’Unione europea non è un’opzione, però c’è bisogno di una politica agricola comune diversa da quella in essere. L’attuale assetto normativo risulta troppo complicato per gli agricoltori e per le amministrazioni nazionali. Occorre una reale semplificazione. Il sistema vigente non è in grado di garantire un’ordinata gestione dei mercati nelle situazioni di grave crisi. Non è idoneo ad assicurare una soddisfacente stabilità dei redditi, di fronte alla crescente volatilità dei prezzi. Vanno ripensate le finalità degli aiuti diretti per concentrare l’attenzione sulle imprese che producono per il mercato, che creano occupazione, che sono in grado di aprirsi all’innovazione tecnica per accrescere la competitività».
Ed a proposito della Brexit ha ricordato che «una buona politica agricola comune richiede un adeguato ammontare di risorse finanziarie. In vista delle discussioni sul quadro finanziario pluriennale dopo il 2020, diciamo subito che non è possibile rilanciare in modo credibile la costruzione comune con i tagli della spesa agricola. La Pac deve essere mantenuta all’altezza delle sue ambizioni ed avere un bilancio adeguato alla sua mission che sta diventando sempre più complessa, visto che la situazione dei mercati è sempre più instabile e che è necessario intervenire sulle economie agricole».
«Il nostro Paese ha origini rurali che vanno preservate, che sono le nostre radici. Ma oltre la tradizione c’è l’innovazione – ha concluso il presidente di Confagricoltura -. L’agricoltura odierna è smart, digitale e tecnologica. Tecnologia che aiuta a produrre in quantità, qualità e sicurezza, che aiuta a rispettare l’agroecosistema, la biodiversità e la sostenibilità».