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“Rilancio degli investimenti, aggregazione dell’offerta, diffusione delle innovazioni. Solo un piano organico di crescita sostenibile e duratura, che permetta di competere sui mercati in ogni parte del mondo, può garantire un futuro all’agricoltura italiana”. Apre così il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, l’assemblea 2018 “Coltiviamo l’Italia”, che quest’anno si svolge a Bruxelles. Una scelta sindacale convinta, per affermare l’attaccamento dell’Organizzazione degli imprenditori agricoli all’Unione Europea, ai suoi valori, ai suoi principi, alla sua lunga storia di pace e benessere.
“Per realizzare il nostro progetto – continua Giansanti – abbiamo bisogno di un’Europa forte, coesa e solidale. Capace di promuovere uno sviluppo duraturo e sostenibile. Sotto il profilo economico, sociale e ambientale. Invece, l’Unione Europea vive una fase di grandi difficoltà”.
L’impatto delle migrazioni ha scosso la solidarietà tra gli Stati membri, perché manca una protezione efficace delle frontiere esterne.
Non è stato raggiunto l’accordo sulle condizioni che dovrebbero regolare il periodo transitorio dopo l’uscita del Regno Unito. E tra i problemi che restano da risolvere c’è anche quello della tutela delle indicazioni geografiche e di qualità dei prodotti agricoli sul mercato britannico.
Come sostiene il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, l’Euro è irreversibile, ma la “governance” dell’Eurozona resta ancora inadeguata. E l’austerità fine a se stessa non può essere la terapia valida in tutte le circostanze. Una ricetta che sta generando disomogeneità nello sviluppo economico dei Paesi e disuguaglianze sociali insostenibili.
È necessario un salto di qualità, perchè “una maggiore e migliore diffusione dell’innovazione digitale potrebbe contribuire al salto di qualità che i cittadini chiedono – dice nella sua relazione il presidente Giansanti -. Superare la logica della tecnologia come strumento di controllo ed entrare nel mondo del supporto alle imprese, per conoscere tempestivamente gli andamenti dei mercati, per orientare le scelte aziendali e dei governi, per programmare le produzioni”.
Il presidente di Confagricoltura è quindi passato alle proposte che la Commissione europea ha presentato, il 2 maggio scorso, sul quadro finanziario dell’Unione per il periodo 2021-2027.
“È stata di fatto prospettata una riduzione dei fondi destinati all’agricoltura italiani di poco inferiore ai 3 miliardi di euro a prezzi correnti nell’intero periodo – spiega il presidente -. Per i programmi di sviluppo rurale, sempre a prezzi correnti, il taglio proposto supera il 15 per cento. La nostra proposta è di far salire la capacità di spesa del bilancio della UE, almeno fino al livello indicato dal Parlamento europeo”.
La Commissione ha anche previsto di fissare un massimale per l’erogazione degli aiuti diretti alle imprese di maggiore dimensione: il cosiddetto “plafonamento”. E di introdurre, inoltre, un meccanismo di riduzione dei pagamenti in relazione alla superficie aziendale, la “degressività”. Ovvero di ridurre gli aiuti alle imprese che producono per il mercato, che assumono più manodopera, che sono più aperte alle innovazioni, togliendo molto a un numero estremamente ridotto, mettendone a rischio la competitività, per redistribuire poco, pochissimo, a molti.
La riforma della PAC deve essere necessariamente inquadrata anche nel contesto della crisi in atto nel sistema multilaterale di regolazione del commercio internazionale.
“Stiamo assistendo – evidenzia Giansanti – al ritorno dei dazi e delle contromisure di ritorsione su base bilaterale. Un processo che può alterare i normali flussi commerciali. Anche a danno dei consumatori, perché il costo per l’alimentazione può salire”.
Per il presidente di Confagricoltura la crisi che stiamo attraversando è il risultato di un processo di globalizzazione che è avanzato troppo in fretta e senza un adeguato assetto di regole. “Non possiamo – dice – continuare a mettere in competizione prodotti ottenuti con metodi di produzione diversi in termini di sicurezza alimentare, protezione dell’ambiente e tutele sociali”.
“Non stiamo chiedendo di essere posti al riparo dalla libera concorrenza – conclude Giansanti -. Stiamo sollecitando la tutela di un modello sociale, economico, di conservazione delle risorse naturali che unisce gli interessi dei consumatori, degli agricoltori, dei cittadini. Dell’intera collettività”.