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agroenergie

L’articolo è presente nell’edizione di marzo di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura

di Francesco Bellizzi

A fine marzo Giansanti ha consegnato al ministro dell’Ambiente un documento con l’elenco degli interventi necessari a una strategia nazionaler per le rinnovabili in agricoltura

Dal sistema degli incentivi, alla connessione degli impianti alle reti. Il presidente, Massimiliano Giansanti e i presidenti delle sezioni Bioeconomia e Risorse boschive Alessandro Bettoni ed Enrico Allasia, durante un incontro a Palazzo della Valle, hanno consegnato al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin le richieste di Confagricoltura per consolidare il percorso avviato dal settore primario nello sviluppo delle agroenergie. Percorso iniziato a metà degli anni 2000 e che oggi conta 3,4 Gigawatt di potenza installati nelle aziende agricole per una produzione di energia elettrica rinnovabile pari all’8,5% della totale nazionale.

Il documento consegnato al ministro contiene tutti i temi affrontati dalla Confederazione durante i giorni dell’expo riminese, dedicato alla transizione energetica. Temi che devono essere inseriti in una strategia chiara e condivisa, che abbia al centro la produzione di energia da parte delle imprese nei settori biogas/biometano, biomasse solide, biocarburanti, fotovoltaico, nelle varie forme, ma anche il mini-idroelettrico e il minieolico, definendo forme di incentivazione e semplificazione.

L’adeguamento normativo è uno dei temi che più ricorrono nel documento consegnato a Pichetto Fratin, perché una legislazione unitaria e chiara sul sistema degli incentivi è il presupposto fondamentale per permettere di pianifica gli investimenti e adattare i processi produttivi. In questo ambito rientra la richiesta al ministro di integrare pienamente, tra le attività connesse all’attività agricola, la produzione di energia da fonti rinnovabili. Riguardo allo sviluppo dell’agrivoltaico, Palazzo della Valle chiede equilibrio tra produzione di cibo e di energia attraverso una netta differenziazione tra i grandi impianti su terreni abbandonati o marginali (stimati in circa 500.000 ettari) e gli impianti aziendali, integrati nell’attività agricola principale.

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Maggiori incentivi in conto capitale e iter autorizzatori semplificati sono le due richieste principali per non lasciare lo sviluppo del settore alle sole risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Non solo. Alla vigilia dell’apertura del bando dedicato dal PNRR all’agricoltaico, l’Italia deve lavorare ad un regime fiscale distinto da quello applicato al fotovoltaico integrato negli edifici o a terra.

Altro capitolo è quello delle Comunità Energetiche Rinnovabili, che – con il loro sistema di produzione, distribuzione e consumo su scala locale – rappresentano un importante strumento. Per le Cer è necessario introdurre l’applicazione delle deroghe previste per l’autoconsumo diffuso in ambito agricolo, alle risorse del PNRR. Nodo da sciogliere è anche quello dei tempi di attesa della connessione alle reti nazionali degli impianti agroenergetici – e quindi, la loro entrata in funzione entro le tempistiche date dal PNRR -. Aspetto fondamentale, per permettere alle imprese di accedere ai contributi pubblici. La priorità di allaccio dovrebbe essere data alle operazioni finanziate dal PNRR.

Le produzioni di energia da biomasse e di biogas sono ancora in attesa di un quadro complessivo sia per quanto riguarda i nuovi impianti sia gli impianti in funzione, i cui incentivi stanno per terminare. Per il primo settore Confagri chiede un prezzo minimo garantito sull’elettricità immessa nella rete nazionale di valore congruo a sostenere la redditività degli impianti; di eliminare il vincolo della sostenibilità almeno al di sotto dei 2 MW di potenza termica; di chiarire il regime di tassazione per rimanere nell’ambito di quella su base catastale.

Per quanto riguarda gli impianti a biometano le richieste sono: allaccio alla rete del gas più accessibile e meno oneroso; iter autorizzativi più veloci; cessione del credito alle banche per aumentare la bancabilità; eliminare le verifiche di sostenibilità almeno sotto i 2 MW di potenza termica, posticipare la scadenza di giugno 2026 per gli impianti sostenuti con il PNRR e, soprattutto, definire una strategia per il biometano agricolo che guardi almeno al 2030.

L’Italia deve investire di più nella produzione di biocarburanti (biometano, oli vegetali, ecc.) di biometanolo e bioidrogeno. Infine, il carbon farming, ambito in cui agricoltura e selvicoltura svolgono un ruolo fondamentale. L’accordo raggiunto tra il Parlamento e il Consiglio Ue sulla certificazione degli assorbimenti di CO2 è un passo avanti, ma non prende in considerazione la riduzione di tutte le emissioni di gas serra, e lascia fuori la riduzione delle emissioni di metano.

Fonte: Confagricoltura