PAC

L’articolo è disponibile sull’ultimo numero di Mondo Agricolo, cartaceo e on line di Vincenzo Lenucci

(Direttore Area Politiche europee e internazionali, Competitività e Centro Studi)

Un quadro innovativo e complesso quello della nuova Pac entrata in vigore l’1 gennaio scorso. Di solito la Politica agricola comune ha durata settennale, ma il “terremoto Brexit” e i tempi di approvazione del “quadro finanziario pluriennale” del bilancio Ue hanno richiesto due anni di transizione. Di conseguenza, la nuova Pac ha visto la luce nel 2023 invece che nel 2021, e resterà in vigore fino al 2027. Stati e regioni hanno definito gli interventi della riforma condensandoli con propri piani strategici, compresa l’Italia che si è munita di un piano di quasi quattromila pagine, oggetto tutt’oggi di provvedimenti applicativi, purtroppo, ancora non del tutto completi. Non si tratta certo della riforma che Confagricoltura aveva auspicato: non va nella direzione di un potenziamento della produttività e della tutela del reddito delle imprese. Le forti perturbazioni prodotte da pandemia e guerra in Ucraina rappresentano una sfida che non è certo che obiettivi e strumenti della nuova Pac saranno in grado di affrontare.

Meno risorse e più vincoli

In primo luogo, la riforma ha previsto meno risorse per l’Italia: il 15% a prezzi costanti in meno rispetto al periodo di programmazione precedente. Il nostro Paese con uno sforzo supplementare ha compensato questa carenza e ha cofinanziato maggiormente le risorse comunitarie cercando di mantenere almeno a prezzi correnti le cifre disponibili rispetto al passato.

Tuttavia, non sfugge che avere incentivi equivalenti a prezzi correnti significa arretrare rispetto all’inflazione. Non solo. Le stesse risorse saranno a disposizione degli agricoltori solo se loro si assumeranno maggiori vincoli in materia ambientale, di benessere animale ed anche in campo sociale. Una Pac quindi – ispirata al Green Deal europeo lanciato ormai a fine 2019 – che punta sempre di più al clima ed all’ambiente oltre che alla biodiversità, al benessere animale e ad una crescita inclusiva che ha al suo interno la strategia per la filiera agroalimentare sostenibile Farm to Fork. In pratica, le risorse messe in campo da Bruxelles e da Roma assommano a circa 37 miliardi nell’intero periodo per circa 7,4 miliardi di euro per anno, di cui il 48% destinato ai pagamenti diretti e quasi altrettanto allo sviluppo rurale, finanziato per oltre la metà da risorse nazionali che incidono per quasi un quarto della spesa complessiva. Le misure di settore (vino, ortofrutta, olio, patate e settore apistico) “cubano” 3,2 miliardi di euro per il 2023-2027, pari a 640 milioni di euro l’anno. I maggiori vincoli derivano da due aspetti essenziali: la “condizionalità” e l’indirizzo verso gli obiettivi ambientali e sociali dei pagamenti diretti. La condizionalità viene confermata, ma “rafforzata” nel senso che prevede nuove e più stingenti regole da rispettare pena limitazioni ed esclusioni dai pagamenti della Pac. Ad esempio, vengono introdotti, tra gli altri, l’obbligo di rotazione annuale dei seminativi e si conferma l’obbligo di destinazione di una quota (prima era il 5% ora sarà il 4%) dei seminativi a superficie improduttiva od a elementi caratteristici del paesaggio. Impegni questi che comunque, come richiesto da Confagricoltura, non si applicheranno nel 2023. Il 25% dei pagamenti diretti sarà poi erogato solo a fronte di impegni volontari ambientali e di benessere animale, i cosiddetti “ecoschemi” che comporteranno premi ma, anche costi ed oneri di gestione.

La Pac sarà anche più “sociale”. In primo luogo, la condizionalità sarà affiancata anche da impegni che riguardano la trasparenza ed il rispetto dei contratti di lavoro e le norme di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (“condizionalità sociale”). Se verranno riscontrate infrazioni si procederà ad un taglio dei sostegni della Pac. Inoltre, il 10% dei pagamenti diretti sarà destinato solo alle aziende con meno di 50 ettari per premiare sino ai primi 14 ettari dichiarati, concentrando maggiormente quindi i pagamenti nelle imprese di minore dimensione. È stato tuttavia superato il “plafonamento” dei pagamenti in vigore sino al 2022. I beneficiari della Pac sono sempre e solo gli “agricoltori attivi” che vengono definiti con una procedura più semplice, in pratica facendo riferimento ai registri delle imprese, dell’INPS e al possesso di partita Iva, e senza più il riferimento alla prevalenza della attività agricola. Inoltre, tutti i produttori che hanno percepito meno di 5mila euro di pagamenti diretti sono “attivi” per definizione; prima il limite era di 1.250 euro e 5mila euro solo per le aziende in aree montane o svantaggiate.

Pagamenti diretti e misure settoriali

I pagamenti di base saranno sempre erogati in base ai “titoli storici” già in possesso degli agricoltori, ma il valore di tali erogazioni sarà rimodulato. I titoli dal 2023 subiranno una decurtazione del 25% circa e soprattutto non daranno più luogo al “pagamento di greening” che viene eliminato dalla riforma.

In sintesi, un titolo che sino al 2022 valeva 200 euro/ha, si ridurrà a 150 euro/ha e questo sarà l’importo liquidato per ettaro; laddove in precedenza l’importo liquidato era di 300 euro (200 euro più 50% di greening). In sostanza nel 2023 il pagamento di base per ettaro si dimezzerà per tutti per finanziare principalmente ecoschemi e pagamento ridistributivo. I titoli non potranno comunque mai avere un valore superiore a 2mila euro.

Negli anni successivi e sino al 2026 (“convergenza interna”) i titoli di maggior valore saranno ridotti sino ad un massimo del 30% e quelli di minore valore saranno aumentati sino a raggiungere un valore minimo di poco inferiore a 150 eur/ha. Altri pagamenti diretti confermati sono i pagamenti accoppiati, rivisti per alcuni comparti negli importi e nei massimali e con la introduzione del pagamento accoppiato per gli agrumi nonché il pagamento complementare per i giovani agricoltori che si affianca al pagamento di base. Per alcune produzioni avremo specifiche misure settoriali: vino, ortofrutta, olio e api/miele e che saranno grosso modo in linea con quanto previsto sinora, più le nuove misure per le OP del settore delle patate da consumo.

Il nuovo sviluppo rurale

Orientato anch’esso agli obiettivi ambientali – agli interventi climatico ambientali sono destinati 4,5 miliardi di spesa in cinque anni, più dei 4,3 miliardi previsti per gli investimenti -, la vera novità dello sviluppo rurale della nuova Pac è che gli interventi sono articolati in un unico piano finanziario nazionale con distinzione poi della applicazione degli interventi stessi su base regionale.

Sono previsti ben 76 interventi tra i quali le Regioni e le Province autonome hanno potuto costruire il proprio “set” di misure: si va da un minimo di 18 interventi per la provincia autonoma di Trento ai 55 della regione Toscana.

La digitalizzazione, la ricerca e l’innovazione sono anche parte integrante degli interventi di sviluppo rurale che finanzierà tra l’altro anche l’agricoltura di precisione, le pratiche di carbon farming, e poi le misure di cooperazione e di AKIS (il sistema della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura) con formazione, informazione, ricerca e innovazione improntato alla ricerca e alla introduzione di tecnologia nei sistemi produttivi. Inoltre, 2,9 miliardi delle risorse – la terza voce per rilevanza del piano di sviluppo rurale – saranno destinati alla gestione del rischio con la rilevante novità del Fondo mutualistico per le catastrofi naturali: interverrà in caso di alluvioni, siccità e brina/gelo con conseguenze gravi per le aziende, che vi dovranno obbligatoriamente aderire con un versamento obbligatorio del 3% dei pagamenti diretti loro spettanti.